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Notizie del 10/2021
Guido Dell’Aquila compie settant’anniposted: 28/10/2021 at 19:42:04
Giornalista, autore televisivo, scrittore, il 28 ottobre 2021 compie settant’anni.
Il mio dono di compleanno è la recensione del suo:
“SCALFARO Democristiano anomalo”, Passigli Editore.
Guido è apprezzato come parlamentarista, quirinalista, i ruoli di primo piano in Rai: al Tg2, al Tg3, al Giornale Radio; la coideazione e la responsabilità del talk "Agorà", la responsabilità di "Le storie. Diario Italiano" condotto da Corrado Augias; di "Elisir" e "Buongiorno elisir" condotti da Michele Mirabella, di "Blu notte" condotto da Carlo Lucarelli. Dal 2014 è coautore di “diMartedì” condotto da Giovanni Floris su La7.
Ma Guido è soprattutto una persona…
Stanotte la sveglia me la dà una crisi respiratoria! Mi metto seduto sul lato del letto. Gli occhi briganti chiusi. Per rianimarmi. Li apro. La prima cosa che distinguo è il libro di Guido sul comodino. Le pupille sono ormai arrugginite, leggo su un corpulento monitor con i caratteri ingranditi oppure ascolto gli audiolibri: ho riletto ascoltando da Toltoj a Pavese a Baricco… Prendo Guido fra le mani e lo sfoglio con attenzione media, poi prevalente, poi esclusiva, in compagnia di una progressiva passione… Mi devo fermare… Gli occhiali frignano… Mi riposo… Ricomincio… Venti minuti per volta: questo è il patto stipulato con i due vecchi furfanti. In tre giorni finisco. Ho lo stupore di volare su un groviglio di autostrade americane, che viaggiano sotto, sopra, in salita, discesa, dritte, curvate, sbilenche… Ah, ecco un treno che si immola dentro una collinetta zeppa di grattacieli. Chi immagina un ginepraio senza capo né coda si sbaglia. È un cammino limpido, scorrevole, coinvolgente. E fra tanti itinerari attraversati da veicoli con carnagioni mordenti, imprevedibili, precarie, sospese, emerge un binario che li sovrasta fiducioso e li sazia di sé: Scalfaro!
Scrive la Costituzione! Insieme ad altri 555 saggi, sì, ma c’è anche lui! All’Assemblea Costituente! Ha solo ventotto anni!
Ed è già stato antifascista (pag. 21) ed offre il suo apporto alla Resistenza (15) con informazioni che viene a sapere come magistrato (36). “Hanno lottato insieme. Hanno sofferto insieme. Hanno pianto e gioito insieme” (53). “Rivedevo i giovani della Azione Cattolica che erano partiti per la montagna, che erano andati a lottare per la libertà e che non sono tornati” (147). “la pagarono con la vita, consentendo a noi di scriverla e votarla” (148). Lidia Menapace, partigiana comunista afferma: “Ho sempre riconosciuto la sua rigorosa onestà, l’impegno e l’antifascismo” (37).
Frequenta Giuseppe Dossetti, non ancora “don”, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Amintore Fanfani, Aldo Moro. Dei semplici passanti! È discepolo di Alcide De Gasperi (5 ss..).
È più volte ministro, presidente della camera dei deputati, presidente della Repubblica.
Si batte per la riforma agraria (6).
Da presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul dopo terremoto in Irpinia (8) “scoperchia vasi e pentole del malaffare” (134). Avversa la corruzione con tenacia (148-149), ancor di più il pozzo abissale di Mani Pulite (155).
In sessantasei anni, dal suo ingresso in politica alla morte, è cambiato tutto, lui no (8).
Le sue doti sono la dignità e il rispetto del prossimo inculcate dal padre Guglielmo (16), l’umanità (9), la coerenza (15), la solitudine delle scelte, sempre superata con fermezza (198), la sensibilità (31), che traspare anche quando, nel separarsi dal Colle, si ferma con i quirinalisti solo per dire grazie (197), la fede (9) mutuata dalla madre Rosalia (16).
La sua statura morale è sottolineata anche dalla sua laicità dello Stato (9), che le gerarchie ecclesiastiche al “Pertini cattolico” non perdoneranno mai (147).
Se si deve saltare su un carro riprovevole, “io preferisco andare a piedi” (95).
Ha un feeling straordinario con le ragazze e i ragazzi. “Il segreto? La sua capacità di parlare degli eventi vissuti senza calare verità dall’alto, ma semplicemente raccontando ciò che aveva visto di persona, mettendoci dentro i sentimenti e le emozioni… del momento in cui aveva vissuto i fatti. L’identificazione scattava quasi automatica” (203).
“Cosa sarebbe successo - si chiede Guido - se… fosse salito al Quirinale un inquilino meno coraggioso e dai principi meno solidi di Scalfaro?”. Ma è come chiedersi come sarebbe andata con una Bibbia in cui Adamo fosse nato da una costola di Eva. Di sicuro avrei optato per la creazione contemporanea.
Il suo è un manuale di storia. Ne sperimenta la metodologia. È sistematico, dettagliato, sostanziato dalla prova degli eventi e dagli atti posti alla base delle notizie, da testimonianze dirette, da note puntuali ed espansive. Ed infatti si specifica che quanto riportato si è appreso da Scalfaro, familiari, amici, colleghi, approfondito e riscontrato su documenti, resoconti parlamentari, atti pubblici e privati, mass media (8-9).
L’autore, se volesse, potrebbe aspirare ad una cattedra universitaria. Trasmettere un secolo, osservato dal di dentro, formerebbe senz’altro studentesse e studenti per comprendersi ed ideare il loro progetto.
La storia! La mia impressione è che ci ammaestrino con quella delle guerre, dei condottieri, non degli esseri umani. “Gli antichi ci hanno lasciato dei modelli di poemi eroici… e noi non possiamo ancora abituarci all'idea che per questa nostra epoca una storia così fatta non ha senso” (Lev Tolstoj, Guerra e pace).
È sempre esigua la storia sociale, il suo sviluppo, quello delle donne e degli uomini, di bambine, bambini, adolescenti, anziane, anziani.
E troppo spesso è orientata, o comunque soggettiva. Quando lo storico non è fazioso, è comunque, sia pure inconsapevolmente, influenzato dalla sua cultura, filosofia, religione, ambiente, esperienze. Il testimone vede più facilmente quello che vuole vedere, o almeno è predisposto a vedere. “L'uomo crede più facilmente vero ciò che preferisce sia vero” (Francesco Bacone, Novum organum).
Eppure Guido riesce ad essere neutrale, o comunque tenta con tutte le sue forze… perché Oscar Luigi è affascinante… adescatore. Io lo amo a prescindere! Sì, gli errori li ha commessi, ma è l’insieme che lo rende puro. Sono gli ideali e i sentimenti che lo definiscono.
E il testo dimostra che a volte ideali e sentimenti condizionano la storia più dell’economia, della sete di gloria, denaro, potere, dell’arroventata dottrina religiosa. E conferma che possono influire anche i malvagi e i lestofanti, ma la civiltà la dipingono i saggi e i galantuomini.
Infatti in assenza di alcune decisioni di Scalfaro, in linea con i suoi valori, che poi sono quelli costituzionali, la narrazione italiana avrebbe potuto salpare per maree turbolente. Si pensi al tentativo berlusconiano di subordinare alle sue esigenze la soluzione della crisi di governo che sfociò nell’esecutivo di Lamberto Dini nel gennaio 1995 (260-261); o alle invadenze della Chiesa per impedire il governo D’Alema nel 1998 (191-192).
L’opera percorre la storia individuale e quella collettiva con lo sguardo all’umanità intera.
È lenta! Si ripete! A volte se ne fiuta il tormento impaziente e la fatica.
Scalfaro difende la Costituzione! Sempre! Dalle picconate del suo predecessore Francesco Cossiga (148) e da quelle di Silvio Berlusconi. Sarà negli anni l’unico muro sul quale si schianterà la sua poderosa macchina da guerra (174). Anche dopo il settennato. Siamo nel 2006. Si avvicina il voto referendario costituzionale contro la revisione berlusconiana. È presidente del comitato per la difesa della Costituzione. Gira l’Italia intera (199). Guido annota: “Questo anziano signore di ottantotto anni che ha contribuito a scrivere la Costituzione, che si è trovato a doverla applicare con puntiglio in anni difficili, che l’ha difesa in prima persona contro gli attacchi e che adesso è lì, in trincea, a guidare il fronte che vuole evitare che venga stravolta, diventa agli occhi di molti un esempio da imitare e da seguire. È lui che fa la differenza nella campagna referendaria” (200). Oh, Guido, ti sento fratello! Sono legato anch’io alla maratona di Scalfaro! Da una telefonata di Vittorio Iannelli, il suo consigliere per la sicurezza: “Michele, sono qui con il presidente Scalfaro. Stiamo rileggendo il tuo libro Vi racconto la Costituzione per focalizzare spunti da usare nei dibattiti!”. Che bella la mia vita! Il presidente rilegge il volumetto che gli donai nel 1995. Dopo undici anni! E per trarne idee per i suoi tour referendari!
“In questa Costituzione ci sono scritte tutte le regole della democrazia… perché un popolo possa convivere nella pace e nella serenità in modo collaborativo, costruttivo, solidale” (43). “Il compito del capo dello Stato non è quello di essere equidistante tra due parti politiche… (ma) di garantire il rispetto della Costituzione… senza guardare in faccia a nessuno” (137).
“L’Italia è viva… piena di energie che aspettano solo di essere liberate” (46).
Nel ’98 Scalfaro, in ossequio alla laicità dello Stato, tutela il nascituro governo di Massimo D’Alema rigettando le pressioni degli alti prelati, per i quali era intollerabile un comunista a Palazzo Chigi. Il capo dello Stato spiega direttamente a papa Wojtyla la centralità costituzionale del parlamento… e lo convince! (191-192). Come nel congresso della Democrazia Cristiana del 1952 criticò l’ingerenza di Pio XII che tentava di imporre alla Dc l’alleanza con il movimento sociale in Campidoglio (192).
Sempre alla luce del dettato costituzionale, da deputato, appoggia l’uguaglianza fra uomo e donna (83-84); da sottosegretario all’interno introduce la polizia femminile (84); è il primo a nominare una donna come sua consigliera, Magda Zucco; e come giudice della corte costituzionale, Fernanda Contri (85). Guido ironicamente auspica più che l’emancipazione femminile, quella del pensiero maschile (225).
Un altro asse portante è la verità. Guido la esplora con costanza. Non ammette le falsità, specialmente quelle su Scalfaro, che le ha sopportate con pacatezza. “Chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un malfattore! (Bertolt Brecht, Vita di Galileo).
Applica i criteri enucleati da Aristotele fino a Bertrand Russell, passando per San Tommaso D’Aquino, e sottopone ogni asserzione ad una rigorosa analisi per accertarne la rispondenza con il complesso delle enunciazioni già ritenute vere.
Ci insegna che la nostra verità può non essere la verità, ci avvia all’apertura mentale, ad intrecciare dubbi che avvicinano al vero, non certezze preconcette che ce ne allontanano. Ed in questo fondersi e confondersi di esitazioni germoglia la verità. La ricerca non è la verità ma solo lo strumento per rinvenirla, per depurarla dalle scorie che le hanno appiccicato addosso i bugiardi. La verità vi rende liberi! (Vangelo di Giovanni, 8:32). Se si perde la verità, si perde la libertà!
Negli ultimi capitoli lo screening riguarda quattro vicende controverse che vengono chiarite con lo scrupolo dell’investigatore: - la complicità di Scalfaro nella condanna a morte di sei repubblichini nel 1945 (209 ss..): non solo non è né pubblico ministero, né giudice, ma si adopera per loro a livello umano; è invece pm in un altro processo in cui è costretto dalla legge a chiedere la pena di morte, ma subito dopo, nella stessa aula, la contesta, e dichiara di non credere a tale tipologia di sanzione; poi chiede la grazia e la ottiene (220-222); - lo schiaffo alla donna in decolleté: verifica con un accurato esame di testimonianze e documenti che non è mai stato rifilato (225 ss..); - il caso Sisde, palesa nei particolari l’inconsistenza delle accuse (237 ss..); - il ribaltone a danno di Berlusconi (253 ss..): ricostruisce tutto meticolosamente, come le tre richieste del cavaliere: lo scioglimento delle camere, le elezioni immediate, la sua guida del governo elettorale (260); ma Scalfaro gli precisa che, in caso di accoglimento, violerebbe la Costituzione e favorirebbe una delle parti; e a velate minacce oppone una risposta piccata (261).
Quanti valori albergano nella mente del presidente! Ma i suoi sentimenti sono unidirezionali, convogliati sulla figlia Marianna.
Nel 1943 sposa l’amatissima Mariannuzza, che ha appena 19 anni (29). Nel ’44, venti giorni dopo il parto, “la vede spirare mentre la tiene tra le braccia… quando ho visto Mariannuzza chiudere gli occhi e spirare ho avuto la sensazione che dio fosse lì con noi (31).
Quel dolore eterno è però superato dall’alba di Marianna (30), che lancia urletti e poi sgambetta a casa dei nonni e degli zii paterni, mentre suo padre inizia la carriera pubblica. Le vuole un bene smisurato, anche se le occasioni di condivisione sono limitate; eppure si diffonde un’atmosfera di pienezza, di totalità, come se sorgesse un microcosmo esclusivo: loro due soli! Infrange però una teoria preminente della psicologia dell’età evolutiva: a bambine e bambini non basta la qualità della relazione, occorre anche la quantità: è un errore che lo accompagna per sempre. Nel maggio del ’99, quando lascia il Quirinale, rivolge un’ultima preghiera a Dio: “mi piacerebbe avere a disposizione un po’ di tempo da dedicare a mia figlia Marianna che ha subito questo padre tutto dedito alla politica e alla quale sento di non aver dato tutto il tempo che sarebbe stato giusto” (199).
Oso immaginare quella bimba vispa d’affetto, che gattona agile e briosa per le stanze e corre a stringersi alla gamba del papà appena arriva… e non la molla fino all’ultimo… quando va via… e piange... e poi è forte, determinata e tenera, coraggiosa e mite, intelligente, brillante senza ostentazione, curiosa e riservata, pacifica e battagliera quando è necessario… ma più di ogni altra cosa è amorevole.
Oggi ha settantasette anni! È laureata in psicologia e teologia, e, dopo la fine del mandato di suo padre, si è dedicata alla pedagogia nelle scuole dell'infanzia e primarie. Dopo la morte del papà si è prodigata per l'assistenza di persone prive di vitto e sussistenza economica della comunità di Sant'Egidio, anche donando l'antica abitazione novarese per destinarla agli immigrati senzatetto e agli anziani indigenti (204).
Quando il papa è in visita ufficiale al Quirinale si accuccia accanto a lui senza inginocchiarsi : “Santità, debbo chiederle due cose. Perché è così difficile aiutare i poveri? E perché la Chiesa spesso si mostra così attaccata al potere?”. “La seconda non l’ho capita”. “No, Santità, lei ha capito benissimo”. Con un sorriso benevolo da nonno a nipote birichina “È vero, ho capito…” (193).
Nel suo ruolo di first daughter, prima figlia, detta prassi di sobrietà al mondo del Quirinale (150).
Negli ultimi minuti al Colle, il papà avanza lungo il vialetto interno che porta alla piazza, lei è “quattro passi davanti a lui… poi improvvisamente, rompendo le fredde norme del cerimoniale… si ferma e si volta. Gli va incontro, lo accarezza e lo abbraccia… (198).


Gladioposted: 24/10/2021 at 14:34:07
Il 24 ottobre 1990 il presidente del consiglio Giulio Andreotti dichiarò alla camera dei deputati l’esistenza di Gladio. Prima sconosciuta? Almeno alle pubbliche autorità?
Nell’autunno 1994 ero membro della commissione parlamentare contro le stragi e il terrorismo. Era a Palazzo San Macuto, una volta sede della crudele Inquisizione. La nostra aula però non torturava nessuno. Il presidente Giovanni Pellegrino si era affezionato a me: non mancavo mai! Anzi voleva che diventassi capogruppo per avere una sponda imparziale nel comitato di presidenza. Era d’accordo anche il vicepresidente Sergio Mattarella, con il quale subito era fiorito un roseto di affinità: bastava anche uno sguardo, un gesto per capirci a volo. Ma come accennai la questione a qualche collega, il capogruppo, sempre assente, cominciò a venire.
La seduta successiva si discuteva di Gladio.
Ma cos’è? La spada a doppio taglio dei legionari romani?
Ero riuscito a formare un gruppo di lavoro che mi aiutava: il compito era immane e il materiale enorme.
“Gladio era una organizzazione paramilitare creata dalla CIA, il servizio segreto statunitense, per opporsi, durante la guerra fredda, ad una eventuale invasione dell’Unione Sovietica o della Jugoslavia”.
“Sì, ma era inquadrata nella più ampia Stay-behind, che disponeva di gemelle di Gladio in molti Paesi d’Europa”.
“In Italia era attiva dal 1949 con il nome di Duca. Il termine Gladio nacque nel 1956 con un protocollo fra servizi segreti, che ne estese la sfera d’azione al contrasto dell’eversione interna e a moti di piazza del partito comunista italiano”.
“Allora era di destra?”.
“Effettivamente buona parte degli arruolati apparteneva alla destra, anche sovversiva”.
“Gladio deriva dalla spada romana?”.
“Non solo, il suo stemma richiama la simbologia fascista, appunto il gladio”.
“L’addestramento avveniva all’estero?”.
“Macché! In Sardegna, nel suo centro a Capo Marrangiu! Si insegnava la guerriglia, il sabotaggio, l’uso di esplosivi. Francesco Cossiga, l’ex presidente della Repubblica, forse uno dei fondatori, annoverò 1000, 1200 elementi”.
“Si può anche ammettere che nell’immediato dopoguerra il mondo occidentale temesse quello russo, ma poi andava abolita!”.
“Va inserita nella "strategia della tensione", che per decenni ha tentato di diffondere timori irragionevoli nella popolazione attraverso il terrorismo. Il fine era favorire una svolta autoritaria. Gladio era uno dei burattini, assieme a gruppi eversivi manipolati di destra e sinistra, a schegge di servizi segreti, di carabinieri, dell’esercito, alla Loggia P2, a Nato, CIA, pezzi di criminalità. I funzionari statali procuravano agli estremisti armi ed esplosivi, li coprivano nelle condotte delittuose, depistavano le indagini”.
“E il burattinaio che era?”.
“Non ci sono prove, ma qualcuno lo identifica in Andreotti nella Penisola e nella CIA sopra di lui!”.
“Secondo certi giornali la divulgazione di Gladio fu un attacco frontale da parte di Andreotti, presidente del consiglio, a Cossiga, presidente della Repubblica. La loro incompatibilità era nota, come la navigazione di entrambi nei fiumi sotterranei istituzionali e massonici, data per scontata da più d’uno studioso”.
“Cossiga sarebbe il capo di Gladio e Andreotti della P2?”.
“Però sono congetture, peccano i riscontri”.
“Andreotti è stato pure processato per mafia!”.
“Il panorama sanguina veleni!”.
Torniamo alla seduta sulla Gladio.
Il sole tradì un me giovanile senza cappotto, perché consentì al vento di gelarmi la testa pelata e di ondeggiare giacca e pantaloni. Ma ecco San Macuto!
Non fui tenero con gli apparati nazionali. Le domande si snodarono sollecite e risolute, per sapere i rapporti fra Gladio e il terrorismo nero e rosso; il suo ruolo nello stragismo fino a Capaci e via D’Amelio; nei tentativi di colpo di Stato, come il Piano Solo, il Golpe Borghese, il Golpe Bianco di Edgardo Sogno. Gladio era finanziata dalla CIA? inclusa la costruzione di Capo Marrangiu? Coordinava nuclei per informazione, propaganda, lotta clandestina? con unità pronte ad agire? con depositi di armi e munizioni disseminati in particolare al Nord? Volava sull’aereo Argo 16?
Gladio venne sciolta ufficialmente il 27 luglio 1990, ma i territori inesplorati, enigmatici, impenetrabili sono smisurati e rimane il timore che certe metodologie siano diffuse ancora oggi. Anche se va dato atto al governo di avere, nell’estate scorsa, eliminato il segreto di Stato per tutti i documenti relativi all’organizzazione paramilitare in esame.
Tuonò un periodo di sciami nebulosi di un’inquietudine tenebrosa come la Gladio, e turbini di rovesci indecifrabili. Poi in una mattina sincera, trasparente, raggiante, di una Roma a colori e un po’ brilla, mi telefonò un noto giornalista. Mi voleva parlare. Gli fissai un appuntamento nel mio ufficio. No, era solo di passaggio a Roma. Concordammo di vederci alla Stazione Termini alle 15.00 al binario 21. Ero perplesso, ma andai. Lo riconobbi da lontano. Il binario era semideserto. Accanto a lui passeggiavano due fusti in allerta. Indossavano entrambi un giubbotto ben imbottito. Essendo pratico di scorte, intuii subito che sotto c’erano mitra. Non esitai. Ci salutammo affabilmente e lui mi disse a bruciapelo che il vicecapo dei servizi segreti aveva bisogno di conferire con me. Su cosa? Vorrebbe ammorbidire la tua posizione sui “servizi” alla commissione “stragi”. Non è possibile, ma lo affronto. Gli consegnai un numero personale a cui chiamarmi.
Avevo notato più di una volta il giornalista accanto a Luciano Violante, vicepresidente della camera, a cui mi legava una familiarità franca ed onesta. Telefonai alla sua segretaria per avere udienza con urgenza. Mi ricevette appena arrivai a Montecitorio. Con le massime cariche era meglio prepararsi le domande per sbrigarsela in breve. “Quel” giornalista mi ha chiesto di incontrare il vicecapo dei servizi segreti. Lascialo perdere! Pensavo fosse corretto perché l’ho visto con te. No, è lui che mi corteggia: non ti fidare! Ci salutammo. Non ebbi più notizie, né del giornalista, né dell’uomo dei servizi.
Ma la settimana dopo un alto magistrato, amico carissimo, mi riferì che ad una cerimonia di livello uno dei vertici della massoneria lo interpellò: “È sempre amico di Del Gaudio? Dovrebbe calmarsi, non lascia in pace nessuno. Siamo intervenuti ai vertici del partito a lui più vicino, ma la risposta è stata ferma: è inavvicinabile!”. L’alto magistrato voleva solo mettermi in guardia e farmi sentire orgoglioso: è inavvicinabile!
Non potendomi bloccare, optarono per altre strade. In pochi mesi collezionai querele penali e citazioni civili per miliardi di lire. Mi difesero gratis avvocati su cui potevo contare. Vincemmo tutte le cause. Ma il disagio psicologico e logistico fu parecchio; e lo sarebbe stato anche quello economico se avessi dovuto pagare i legali.
Alcuni mi accusano di essere uno stupido idealista. La mia risposta è: meglio essere fessi e felici che cattivi e infelici. La mia vita, dal vicolo a Montecitorio, ne è la conferma!
In questa notte di foglie ingiallite ma vive del 2021, in cui la luna sembra il sole, disegna una striscia d’argento sul mare di casa mia e recita poesie minimaliste, posso garantire con gioia di essere ancora fesso e felice.
michi del gaudio



Falcone/Boccassiniposted: 13/10/2021 at 19:56:35
Nessuno tocchi Falcone
A Ilde Boccassini
Gent.ma Dott.ssa,
le dò del lei anche se siamo stati entrambi magistrati, perché non l’ho mai conosciuta.
Sono rimasto turbato nel leggere le anticipazioni del suo libro “La stanza numero 30”, Feltrinelli Editore, ed è maturato in me il desiderio di indirizzarle una lettera aperta per onorare la memoria di Giovanni Falcone, che per me è stato un fratello maggiore, assieme a Mario Almerighi, e mi ha insegnato in particolare l’etica del giudice: equilibrato, cordiale, umile, indipendente, coraggioso, lontano da polemiche e riflettori.
Ora ho ultimato il volume e l’inquietudine è cresciuta.
Lei descrive il suo “grande amore” per Giovanni, ma, mentre le anticipazioni hanno scatenato un battage su giornali, tv e social su un flirt effettivo fra Falcone e lei, in realtà dal suo Capitolo 4 emerge solo un rapporto fraterno, di affinità, intesa, tenerezza. Nulla di più! È lei stessa a precisarlo.
“Me ne innamorai… Non si trattò dei sentimenti classici… era altro e più profondo… ero innamorata della sua anima, della sua passione, della sua battaglia (pag. 41)... Il mio cuore era pieno di Giovanni (42)… Che cosa avrebbe riservato il destino… se non fosse morto così precocemente? (49)... mostrandogli una volta di più il mio affetto, la mia sincera amicizia, la stima profonda…” (53).
Anche se la narrazione, forse inconsapevolmente, espone la lettrice, il lettore, ad intravedere qualcosa di più.
“Tra i ricordi più belli… c’è il viaggio in Argentina… per l’interrogatorio di Gaetano Fidanzati… Era il giugno 1991… feci tutto il viaggio seduta accanto a Giovanni… Rimanemmo abbracciati per ore, direi tutta la notte, parlando, ascoltando Gianna Nannini… Che notte (46-47)… A Giovanni piacevano molto i miei riccioli. Quante volte mi ha detto che i miei occhi ‘erano bellissimi’ (44)… l’Addaura è un posto incantevole… mi propose – anzi mi impose – di fare un bagno… Vieni!… prima mi prese la mano, poi la lasciò e cominciammo a nuotare verso l’ignoto...” (43-44).
Perché trent’anni dopo lei racconta vicende recondite di cui nessuno ha mai riferito? di cui lei sarebbe l’unica testimone vivente?
Lei nuoce non solo a Falcone, ma ancor di più alla moglie Francesca Morvillo!
Né lui, né lei possono contraddirla: sono deceduti!
Se veramente Giovanni ha avuto un ruolo così influente come amico e maestro, lei dovrebbe smentire con nettezza l’esistenza di una un legame intimo, fisico o platonico, da lui ricambiato; e farlo anche nel testo, eliminando altresì le parti potenzialmente ambigue.
Se lo evitasse, potrebbe confermare l’accusa di protagonismo che molti le fanno.
Io non voglio crederlo, ma lei ha sempre calcato la scena con interventi verbali eclatanti e comportamenti sopra le righe, come lei stessa ammette nel tomo.
Nel 1981 subisce un procedimento disciplinare, anche se viene assolta (290 ss..).
Nel 1991 viene allontanata dal pool sulla criminalità organizzata (27-28), perché sarebbe individualista, colma di incontenibile soggettivismo, indisponibile al lavoro di gruppo.
Nel maggio del 1992 nell’assemblea dell’associazione nazionale magistrati in onore di Giovanni, lei lancia rimproveri pesantissimi e generici: “Voi avete fatto morire Giovanni Falcone. Con la vostra indifferenza. Con le vostre critiche. Voi diffidavate di lui. E adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali…” (57-58).
Subito dopo corre a Caltanissetta, competente per territorio a giudicare, per smascherare gli stragisti, lasciando i suoi figli a Milano a patire la sua lontananza, come lei riconosce (63); trascurando il prevalente orientamento degli studiosi, secondo i quali, a bambine, bambini, adolescenti occorre non solo la qualità del tempo in compagnia dei genitori, ma anche la sua quantità.
Nel 2001 è alla serata d’apertura del festival del cinema di Venezia, ove si intrattiene con Nanni Moretti; annota: “… mi sono sentita un po’ una star…”. Nel 2006 va alla prima del film del regista "Il caimano", nomignolo spregiativo che rappresenta Silvio Berlusconi, per anni suo imputato. Francesco Battistini il 27 marzo sul Corriere della sera così la apostrofa: “L’altro giorno, anche Ilda Boccassini è andata a vedere l’opera di Moretti. Platealmente in platea. S’è rivista sul set, recitata da Anna Bonaiuto. S’è emozionata… ma che ci azzeccava in sala Ilda la Rossa, spettatrice esigente d’un film su Berlusconi…?”.
Dal 2010 istruisce il cosiddetto processo Ruby. Durante il dibattimento, nelle sue funzioni di pubblica ministera, pronuncia frasi ad effetto che nulla hanno che vedere con il diritto sostanziale e processuale penale: “una colossale balla“ la parentela con Mubarak; "furba di quella furbizia orientale propria della sua origine"; “C'è un apparato militare che si scatena per proteggere" (Ruby). Ed anche il suo libro contiene affermazioni verso incriminati e parlamentari berlusconiani inopportune per una magistrata. Cito ad esempio “quella intollerabile sfida dai connotati sovversivi” (309). E a pagina 259 lei sentenzia: “più che di processi si era trattato di una contesa”. Contesa? E dov’è la cultura della giurisdizione, così cara a Giovanni? Lei stessa confessa di aver ricevuto critiche impietose anche dagli amici, dai colleghi (59-60). Quando andò a Caltanissetta le mancò anche il sostegno della famiglia (61). Non ha mai pensato che le sue scelte fossero errate? Non si è mai chiesta se fossero troppo appariscenti? Se l’esteriorità avesse contribuito alle sue decisioni?
Gent.ma Dott.ssa, sono un buon pm? La mia requisitoria purtroppo conduce ad un suo possibile narcisismo: potrebbe essere la motivazione più probabile della cronaca del suo amore non ricambiato da Giovanni se non con una intensa amicizia. È quello che si desume dai suoi brani prima citati.
Proprio questi ultimi però creano gossip, satira, caricature, sfiducia…
Maria Falcone, la sorella di Giovanni, è stata costretta a ribellarsi sul quotidiano La Sicilia dell’11/10/2021: “Quel che allarma innanzitutto è che sembra si sia smarrito ormai qualunque senso del pudore e del rispetto prima di tutto dei propri sentimenti… poi della vita e della sfera intima di persone che, purtroppo, non ci sono più, non possono più esprimersi su episodi veri o presunti che siano e che - ne sono certa - avrebbero vissuto questa violazione del privato come un’offesa profonda. In nome della libertà di espressione del pensiero non si può calpestare la memoria di chi non c’è più e la sensibilità di chi è rimasto e ogni giorno deve confrontarsi con un dolore che non può passare”.
Lei scrive: “Ma quanto ho disprezzato… gli omuncoli che hanno mentito raccontando… fatti mai accaduti… certi di non essere smentiti da un morto…” (49). Con il libro lei rischia di rientrare nella categoria che disprezza.
Nel procedimento disciplinare del 1981 lei si difende sostenendo che le contestazioni mossele attengono esclusivamente alla sfera della sua vita privata, coperta, come tale, da un diritto di assoluta riservatezza. Lei viene assolta proprio in nome della tutela della riservatezza. Perché viola quella di Giovanni? Dopo trent’anni? Quando non può difendersi?
Lo difenda lei, negando ogni relazione clandestina!
michele del gaudio

Rosario Livatino posted: 3/10/2021 at 12:34:30
magistrato vittima innocente
oggi compirebbe 69 anni.
“Il giudice ragazzino” di Nando dalla Chiesa, Einaudi, 1992:
“Questo libro racconta la storia di uno degli uomini liberi che non si sono piegati allo strapotere delle bande illegali… (pagg. IX-X) minuto, dai capelli neri con la riga di lato e con il volto da adolescente… (pag. 6) fiduciose erano le sue speranze di riuscire a fare qualcosa di utile per il proprio paese… Non era davvero solo Rosario Livatino a coltivare quelle speranze… A più di mille chilometri di distanza un suo coetaneo, un ragazzo con barba e accento napoletano, vestito normalmente in jeans e camicia, si cullava anch'egli nella realistica speranza di fare qualcosa di utile per il suo paese. Anche lui faceva il giudice, e lo faceva a Savona, dove era stato mandato per il primo incarico. Si chiamava Michele Del Gaudio. Stretto tra il desiderio di fare bene il suo lavoro e l'angoscia che gli veniva dai comportamenti delle istituzioni (pagg. 11-12)”.
Rosario Livatino nasce il 3 ottobre 1952. Viene ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990.



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