Notizie del 12/2021
Raffaele Nogaro l’amante di Cristo | posted: 31/12/2021 at 17:07:03 |
compie 88 anni il 31 dicembre 2021. Vescovo dal 9 gennaio 1983. Amico di papa Francesco dal 27 luglio 2014. Dalla sua visita pastorale a Caserta. Raffaele è vescovo emerito, ma sceglie di allinearsi in tonaca ordinaria nell’angolo assegnato ai sacerdoti, evitando di esibirsi nella colonna dei vescovi della Campania con tanto di blasonato look. Il santo padre lo riconosce, lo abbraccia con slancio ammirato e gli appoggia personalmente al collo la croce pettorale dei vescovi, che Raffaele per umiltà non indossa. Poi si intrattiene a raccontargli che sa di lui e di essere rimasto colpito dal suo coraggio nella difesa di don Peppino Diana, il prete anticamorra ucciso nel 1994. “Prega per me! – gli sussurra – Stringi questa croce e prega per me!”. Durante la messa all’aperto, dinanzi a migliaia di fedeli, il pontefice ad un tratto si ferma sull’altare, fissa Raffaele defilato, con le mani accarezza la sua croce pettorale e poi le giunge: “Prega per me!”. Lo invita in Vaticano per una lunga conversazione, in cui si rende conto che il mite ma grintoso presule di provincia con parole e comportamenti anticipa il suo approdo al soglio di Pietro del 13 febbraio 2013. Pur bastonato dalla curia romana, diviene riferimento in tutta la Penisola. Mio maestro dal 1993! Si accorge del mio ondulato percorso di zingaro girovago avviato al crepuscolo, mi afferra per un ventricolo per sottrarmi alla meta riflessa in uno specchio di pietra corvina funesta, protetto da una piovra che, persuasa dal mistero, allenta il tentacolo attorno alle mie ossa disintegrate dalle censure siderali. È ancora Raffaele ad accompagnarmi in quell’alba senza lampada di disinganno appagato svincolato da fortezze volanti di sogni e di speranze. Ed infatti, dopo una lunga era da ateo, ho una molestata conversione, appunto negli anni ’90, dopo le travagliate e preoccupate competizioni con Raffaele, con il padre del pool antimafia di Palermo, Antonino Caponnetto, con il monaco di Monteveglio, Giuseppe Dossetti, con il prete antimafie, Luigi Ciotti, ai quali mi connetto come impellente apprendista: erompe un ruscello con l’aspirazione di confluire nel mare prima di sera… mentre Raffa mi lancia un pezzo di pane azzimo da masticare nel buio convalescente per il bagliore della luna. “Io amo Gesù! Lo amo senza limiti e confini! È tutt’uno con me! È l’amore! Non ho bisogno di altro! L’amore armonizza la mia voce e il mio operare! Gesù è determinante! Esaustivo! Lo amo!” me lo ripete spesso come stella cometa del misero pastore, avvolto nella notte assolata. Di Raffaele sono indimenticabili le omelie e mobilitazioni per la giustizia sociale, la legalità, la pace, la difesa dei deboli, dei migranti, l’anticamorra. Non risparmia critiche agli alti prelati, colpevoli di non condannare la criminalità organizzata, e alla politica per i numerosi episodi di malaffare. Lo scrittore Roberto Saviano afferma: “Raffaele Nogaro è, per chi è nato alla fine degli anni Settanta come me, ed è cresciuto in Campania, una sorta di figura epica”. Vado spessissimo nella sua casa: una sala con un tavolo e quattro sedie disadorne, la remota foto dei genitori sul mobile, la camera da letto ammalata di leucemia… Nonostante, è sempre una iniezione di entusiasmo… mi rivela l’umanità di Gesù più che la divinità, il suo progetto per la Terra più che per il Regno dei Cieli. Mi rassicura: “Tu hai già la fede, perché basta che credi alla Parola di Gesù, anche se non riesci a credere che sia Dio. Sei un cristiano a tutti gli effetti!”. Grazie, Raffaele, non mi abbandonare! Tu sei l’espressione piena della teologia dei sentimenti, di una distanza inesplorata che fascia di poesia idee, coinvolgimenti, pietà in cammino, sorgente d'acqua innocente che sgorga per l’eterno e mi stimola alla carità attiva che nutro per tutte, tutti, a narrarla nel privato, ma anche nel pubblico con l’impegno civile che tende all’amicizia sociale predicata da Francesco. E quanta Costituzione nei tuoi versi pronunciati e annotati su fogli senza binari con destinazione infinita! Sei il credente ideale e il cittadino ideale, perché il tuo sentiero è acciottolato non solo di sassi battezzati, ma anche di breccia laica, che sublimi in una testimonianza che ha sempre trasbordato dallo spirituale al reale, simbiotici nel dire e nel fare. E dov’è il Nazareno se non con i deboli, i discriminati, gli assetati di giustizia…? Per lottare con loro, mica per bighellonare fra principi astratti! Tu incarni la Costituzione pur avendo scelto di essere Gesù. La teologia dei sentimenti… la democrazia dei sentimenti… il diritto mite, tanto caro a Lorenzo Tommaselli, mio fratello nell’essere tuoi allievi e nell’affrontare la fatica del mondo. Mi insegni che è ben più autorevole ed incoraggiante un tempietto spoglio ma acceso, o un focolare scarno appassionato, rispetto ad un duomo oberato d’oro fariseo o un palazzo indivanato, nobilmente bugiardo: entrambi adulteri delle catacombe. Mi accoccolerei ai tuoi piedi per giorni senza età per discorrere tacendo di maschilismo della Chiesa, del peccato originale come femminicidio, della oggettività della persona come uomo e donna, di Dio come padre e madre, di abolizione delle gerarchie. Non sono utopie! Perché c’è Francesco, che ha aperto di nuovo il Vangelo. È il “Papa del Vangelo”! È arrivato anche grazie alla tua dedizione, apprezzata dai pochi e avversata dai tanti, soprattutto dai potenti, che ha contribuito con gioioso affanno a preparare la sua venuta. Caro Raffaele, grazie del dialogo fertile della genuina ricchezza: i cuori e i valori; e dello scambiarci la pelle e storie, allegrie, beatitudini, sofferenze, amarezze, disperazioni, consolazioni acquerellate di tenerezza… Tu liberi il versante velato, latente, migliore di me… ascolti… e poi diffondi calore, serenità, autenticità, motivazione, dinamismo… anche a costo di sfidare il nero dell’abito talare, che altri e altro ti hanno cucito addosso. Tu invece lo prediligi congenito, policromo, ansioso, fattivo, vitale… Durante un mio corso sulla legalità conobbi uno studente di undici anni, Lino Sarto. Il padre era scomparso da poco, aveva due fratellini e gli pesavano le nuove responsabilità, anche quella di fare la spesa, comprare farmaci, sbrigare pratiche. Aveva paura, anche che la madre lo abbandonasse. Era stato tradito dal suo migliore amico, Dio. Perché aveva lasciato che morisse? Sto ricominciando a pregare! Nel modo in cui mi hai spiegato. Il clero ha tramandato un errato concetto, violando peraltro il passo del Vangelo che mi recitasti con consapevole fervore: “… quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto… non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole… il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (Matteo, 6:6-8). Solo a quarant’anni incontro te e gli altri apostoli contemporanei. Mi scagliate frasi e azioni diverse da quelle dei preti che spargono ipocrisia, perbenismo, interesse individuale ed ecclesiale, a volte nefandezze. Gesù diventa il mio dio, con la d minuscola. Ma rileggendo il Vangelo, quello con la V maiuscola, mi accorgo che anche la sua iniziale è minuscola, che è interiore, come Gesù, e non c’è bisogno di un Dio per essere credenti, per credere in Gesù, per avere fede in lui. E tu hai la fede, Raf? E la Chiesa ce l’ha? E io ce l’ho? “Io ce l’ho, la provo! La Chiesa ne aveva poca, ma grazie a Francesco sta crescendo! E Tu? Sei intellettualità pura, castità intellettuale, cerchi la verità, che hai già dentro!”. Mi hai invaso con l’oceano! Con te non si perde la rotta, anche se non interrompi mai la navigazione! Gli occhi sono l’Atlantico pronto a scrosciare. Ti voglio bene come un bambino! Se tu sei l’amante di Cristo, io sono il tuo amante! michi del gaudio
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Giuseppe Veropalumbo | posted: 31/12/2021 at 17:22:00 |
vittima innocente di camorra Per Carmela e Ludovica è sempre traumatico andare a letto l’ultimo giorno dell’anno. Per quanto si sforzino e non ne parlino, il ricordo della tragedia è costante. Stasera Ludo è in cucina, con il viso sui gomiti, lo sguardo altrove che osserva la tv cantare e ballare, con lo spumante dietro le maschere di una umanità gioiosa, perforata da bagliori ed iniquità, ansiosa di brindare per dimenticare e sperare. La stanza è ingenua, essenziale, arredata con sentimenti radicati, incrollabili, lancinanti ed ideali sinceri, appassionati, insopprimibili. La sala viene utilizzata per manifestazioni antimafie. Vi ha sede l’associazione intitolata a Peppe. Mobili scarni, impegno tanto, sentito, riflessivo, efficace, inquieto. Stasera Ludo finge di avere sonno, si corica prima delle 23.15, per consentire alla mamma l’esclusiva dell’abbraccio al papà in una tela impressionista di una assenza presenza che frantuma i vetri del balcone e della vita come quel 2007. Immancabili i flash rosso sangue dei concitati momenti dello sparo! Uno, imprevisto, imprevedibile, ancora immotivato. Squarcia il petto di Peppe, i loro cammini puri ed onesti, il palazzo storpiato, testardamente in cerca di futuro, l’intera Torre Annunziata, troppe volte sfregiata, non ancora doma. Alcuni farabutti esplodono quasi cento colpi, occultati dai tradizionali botti, per festeggiare uccidendo. Ludo, nei suoi 14 mesi, è in braccio a Peppe. Nonne, nonni, zie, zii, cugine, cugini… riuniti a casa sua nella elettrizzante attesa dell’unica mezzanotte che fonde e fende… incolpevoli, immacolati, effervescenti di insalata di mare, linguine di scoglio, baccalà fritto e capitone… e vinello vesuviano… e il tempo che si immola tre quarti d’ora prima. Accorre immediato il giornalista mai dimezzato, Carmine Alboretti, e conforta la disperazione incredula, appena vedova. Ne nasce un’amicizia solida, spezzata dalla prematura morte di Carmine. Stasera Ludo, rea di un’adolescenza violentata dal crimine, è chiara, trasparente, luccicante. Mente e cuore al papà, che frequenta solo in foto, ma conosce, perché Carmela non ha mai smesso di amarlo. Stasera Ludo finalmente lo vede, Peppe… nella cameretta ancora dipinta d’infanzia… le si avvicina felpato e le accarezza i capelli: - Ciao, figlioletta! - Ciao, pa’! Che felicità! - Voglio tornare! - Ma sei già tornato, sei qui, accanto a me! - Sì, ma posso svanire di nuovo! Solo tu puoi trattenermi. Pensami sempre! Pensami anche quando sei compiuta col tuo ragazzo! - Mamma, mamma, papà è tornato! Devo dirlo alla piccola di Maurizio Cerrato! Babbo Natale esiste e fa tornare i papà! - Hai fatto un brutto sogno? - Sogno? Papà è accanto a me! Pà, dove sei? Ti sei nascosto? - Ludo, calmati! Se hai sognato papà, hai fatto un bel sogno! - No, no, non può essere un sogno! Mi ha lambito il viso, coccolato! - Sogno o non sogno, papà è sempre accanto a noi! - Allora era un sogno… è finito… - No, Ludo, non c’è fine che finisca davvero! - Allora lo incontrerò ancora? Almeno in sogno? - Sì, Ludo, io lo incontro tutte le notti! La cameretta bambina si illumina di Peppe, di famiglia unita, di eterno. Sono le 23.15 del 31 dicembre 2021. michi del gaudio
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Andrea Pisano | posted: 25/12/2021 at 11:49:32 |
… rapito dalla strada a 19 anni il giorno di Natale 2020… … la spiaggia di Santa Litterata è assolata come sempre… Andrea è solo sul lido ormai orfano… è prima mattina… le intenzioni si annodano con i progetti, le preoccupazioni, le angosce, l’epilogo… occorre un po’ di quiete… - Andre’, ti sto aspettando! - Scusa, la notte ha tardato… un dolore frastagliato, sminuzzato, lancinante, poi fuggito… la testa ha negato il cuscino… e ha guidato docile… La battigia fluttua il loro vagare affettuoso, ancorato ad una terra poco ospitale ma ardente. Il luccichio è animato, con venature di oscurità, e al contempo silenzioso, malinconico, inquieto. L’orizzonte è terso, appena sveglio, gioca piangendo con onde impercettibili, mentre Diamante inchioda gli scogli appuntiti che fra poco si coloreranno di tuffi bambini, mentre la schiuma li solletica. - Andre’, dopo giochi a calcio? - Sì, ma dobbiamo essere almeno in sei, altrimenti ci logoriamo! - Le fai sempre le partite sul campetto con l’erba sintetica? - Ma quale sintetica! È viva! Anche quando non la accarezzano i nostri bolidi e tiri ad effetto! - Ma è vero che ora sei campione di squash? - Campione mo’, non esageriamo. È strano crescere! Fino a qualche anno fa andavo finanche a dormire col pallone, ora mi porto il letto dentro quel rettangolo chiuso da pareti ma estroverso allo scorrere di esistenze molteplici, agitate da racchette e pallina scagliata senza meta… - È una gara! Devi tirare impedendo all’avversario di colpire! - Non è solo una sfida! Svilisci un microcosmo grande quanto l’universo… definito ma infinito… di un buio lucente… di ellissi e rette… di circonferenze senza centro… con l’anima che rimbalza fra immagini di voli non concepibili, non fissabili su pellicola, ma in grado di tessere tele indeterminate, dinamiche, abbaglianti, essenziali... - Non ci ho capito niente, Andre’! È un pianeta, un satellite o addirittura una stella? Sei fuori! - Fra quelle linee c’è la mia vita! Per intero! Istantanea e perenne! - Però si potrebbe dire lo stesso di una superficie da football! - L’aspetto meraviglioso è che decidi tu l’arena, la strada, la piazza e tutto si dipana in modo imprevedibile anche se tu cerchi la direzione, fai di tutto per mantenerla o deviarla dove vuoi tu… È fulminea e statica, centrifuga e centripeta, senza senso… Anche quando sceglie, tu non puoi, anche se credi di potere… E ti osservi dall’alto mentre l’auto, che guidi senza guidare, ti trascina giù… su… ti sfracella e ricompone… tronca il tempo e lo spazio! - Ma ti sei… mentre… E l’opportunità… quanto è durata? Quante stagioni? E lo spazio? - Troppo? Troppo poco? È insignificante se approdi senza approdare, se sei senza essere… E però ti rimane una sensazione di sostanza, materia, essenza soprattutto dei valori che hai perseguito, dei sentimenti che hai provato… Quelli sì, continuano… impalpabili… la lealtà, la verità, la solidarietà… gli abbracci teneroni di mamma; quelli sopiti di papà ma solo per rispetto nei confronti di un giovane adulto; quelli di Pierpaolo, conditi di ricette semplici e saporite e di scherzi ridicoli e d’ironia delicata e di cuore spalancato… Pierpaolo sta andando… sotto la pioggerellina briosa d’una adolescenza già trafitta. E le tavolate enormi, fra pietanze d’emozione, sul terrazzo smisurato di calore, su dondoli che solo le nonne e i nonni sanno cullare… E le corse a perdifiato, genuine, appassionate, arcane, con la complicità che solo amiche ed amici sanno segretare… E le ragazze che ti hanno baciato e quelle no, tutte insieme nel desiderio viscerale e mistico… E le persone buone, tante, pronte ad aiutare sentieri complicati, inattesi, inesplorati, stranieri… E Dio che preghi fiducioso, sincero, privo della conoscenza, ignorando se lo vedrai... - Ma ci viene accanto al mare? Qui non c’è neanche il vento! - Siamo noi il vento, ma non soffiamo… Qui non c’è visione! C’è una incorporeità! che però consente l’incontro… noi infatti ci siamo incontrati… - Andrea, sai chi sono? - Ti importa davvero? - … ma dove siamo… Andrea…?... - … forse nell’assoluto…
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Maurizio Cerrato | posted: 21/12/2021 at 18:55:56 |
vittima innocente di camorra il 19 aprile del 2021 La lettera della moglie Tania Sorrentino, pubblicata oggi da Lo Strillone “Non è il Natale ad acuire la mancanza che c'è nelle nostre vite. E' talmente forte tutti i giorni da ormai otto lunghi mesi, che Natale o Capodanno non fa differenza. Quello che invece mi strazia il cuore in questi giorni è che sono riusciti a distruggere oltre alle nostre vite, anche i sogni di una bimba di otto anni, che ancora credeva in 'Babbo Natale'. A lui aveva chiesto di far ritornare il suo 'papà' a casa. Come farò a spiegarle che anche se lei è la bimba più brava del mondo questa volta Babbo Natale non potrà esaudire il suo desiderio? Mi piacerebbe poterle dire che quelle che insegnano a scuole e cioè che l'uomo dopo tante guerre e tante battaglie nasce 'uomo libero', nella nostra realtà invece non è così. L'uomo nasce ancora schiavo. Schiavo della prepotenza, della spavalderia, dell'ignoranza, schiavo della codardia e dell'indifferenza. Le vorrei dire che se il papà non può più abbracciare e baciare le sue figlie è solo perché a lui non piacevano i soprusi. Le vorrei inoltre dire che il papà credeva nel rispetto delle regole e dei valori, che ha sempre pensato che la propria libertà finisse dove iniziava quella di ogni singolo individuo. Le potrei dire tante cose del suo papà, ma è troppo piccola. Però era davvero troppo piccola per capire che il papà il 19 aprile del 2021 sarebbe stato trafitto da una lama d'acciaio lunga 11 cm, che non gli avrebbe lasciato scampo e che a lei e alla sorella quello stesso giorno le avrebbero rubato la gioia e la spensieratezza che tutti i bimbi e adolescenti dovrebbero avere. Per finire, vorrei dire a tutti quelli che pensano che fare finta di non vedere le angherie di queste persone possa servire, invece no non rende immuni alla brutalità di questi ultimi. Se volete una Torre Annunziata migliore da lasciare in eredità ai vostri figli iniziate a denunciare le illegalità. Basta mettere la testa nella sabbia. Insegniamo i valori della legalità ai nostri figli".
Grazie, cara Tania, per questa splendida testimonianza di vita, purtroppo motivata dalla morte del tuo amore. Nella mia modestia rivolgo un appello a studentesse e studenti, insegnanti e presidi, istituzioni, cittadine e cittadini, vittime innocenti di camorra, ovunque siate, per la diffusione di questa lettera, che non grida vendetta, ma chiede solo sani insegnamenti. Grazie, Tania, stai illuminando Torre Annunziata!
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Carmine Alboretti | posted: 17/12/2021 at 11:41:18 |
Il noto giornalista il 17 dicembre 2021 compirebbe 47 anni. Francesco non è ancora nato, ma Carmine già manifesta uno spontaneo senso paterno. Scrive infatti, all’inizio del terzo millennio, un racconto per spiegare a bambine e bambini cos’è la legalità. Provo ad immaginarlo con Franceschino protagonista al posto di Gennarino. La casa di Via Dante è illuminata e gioiosa in una Trecase discreta e riservata. Franceschino nei suoi sei anni gioca nel salone in un caleidoscopio di telecomandi, consolle, joystick, computer, pen drive, cellulari, fogli da disegno con matite variopinte attive e a riposo, block notes con una penna a scatto ansiosa di operare… Carmine è al suo pc, con la mente all’articolo in itinere per il suo giornale; con un occhio al pargoletto intelligente, curioso, capace, vitale; con il cuore allo loro triade, unita, amante, indissolubile… Maria si fa guidare dall’aspirapolvere da una stanza all’altra, ardente verso la luce di figlio e papà. L’armonia si lacera d’un tratto per un tonfo di Franceschino che trascina fili attorcigliati ed oggetti, compreso il vaso di Murano, acquistato in viaggio di nozze. Dopo il rimprovero Franceschino si chiude nella sua cameretta. Non abbraccia il suo orsacchiotto da tempo, ma ora ha voglia di stringerlo forte… i pensieri si affastellano, ronzano, se ne impone uno: - “Franceschì, mi raccomando comportati bene! Non litigare, fai il bravo a scuola… e a casa…”. Sembrano segnali stradali! Che esaurimento! Io ora sono grande, capisco! E m’impegno per essere un giovanotto a modo! M’impegno… insomma… le birichinate mi scappano! Giovanotto… insomma… sì, ho sei anni… ma di cervello arrivo almeno a venti! Ah, come mi piacerebbe abitare in un mondo dove non ti dicono quello che devi fare, dove puoi andare in giro senza meta, vedere la televisione quanto ti pare, cliccare pc e videogames senza limiti… Assorto nelle sue fantasticherie, il piccolo si addormenta. L’orsacchiotto è tutt’uno con lui. Durante il sonno, come per magia, si ritrova sul pianeta che ha tanto desiderato: libertà assoluta! E così, passeggiando, incontra un tizio che, vista la bella giornata, si è messo a fare colazione in mezzo alla strada: in pigiama, con tanto di tavolino, caffellatte, cornetto e succo d’arancia. - Sei impazzito! Non vedi che le macchine non riescono a passare? Così rischi di essere investito! - Io faccio quello che mi pare! Franceschino se ne va un po’ perplesso, un po’ rattristato, un po’ inquieto. Nel frattempo si forma una colonna di traffico e piovono bestemmie e improperi. Ma non succede nulla! Tutte, tutti abbandonano l’auto in terza fila e chi se ne frega! Qualche metro più avanti un omone rincorre un mingherlino e lo riempie di botte. La scena si svolge sotto gli occhi di decine di persone, ma nessuno interviene. Niente poliziotti! Chiunque può rubare, rapinare, scippare, comprare e vendere droga, e persino uccidere. Divieti zero! Latitano prigioni, tribunali, chiese e ospedali. Non esistono leggi contro i violenti, gli approfittatori, i truffatori, i malfattori di ogni specie. Franceschino comincia ad avere paura. E già perché la libertà senza freni non è poi così esemplare, conveniente, meravigliosa. C’è addirittura chi fa del male agli altri senza una ragione precisa, per divertimento o per noia. E i forti prevalgono sui deboli. Io sono solo un bambino! Ho sei anni! Un brutto ceffo mi può tagliare a pezzi! Anzi può entrarmi in casa, mentre me ne sto tranquillamente ai videogiochi o alla tv, e pretendere di sedersi al posto mio e cambiare canale… Ma proprio mentre l’intruso gli strappa di mano il joystick, Franceschino si sveglia di soprassalto e si precipita dai genitori senza mollare il peluche. Maria si svincola dal lenzuolo e dal torpore, poi mette a fuoco la penombra e lo sguardo ansimante del fanciullo… Lo accarezza dolce, lo consola tenera, lo rassicura suadente: - Cosa è successo, tesoruccio? – Ma tu stai tremando! – si preoccupa Carmine, che esibisce la sua sagoma virile e protettiva. - Mi sono spaventato perché credevo di vivere in una umanità senza regole. - E allora che c’è di tanto terribile? - C’è che preferisco stare in una città che aiuta i meno fortunati, assiste gli ammalati, impedisce prepotenze come impadronirsi del telecomando, premia i meritevoli come me e punisce i cattivi come quel compagno che mi ruba la merenda. I tre si avviluppano in simbiosi: - Bene, giovanotto, hai finalmente scoperto il significato della parola “legalità”. michi del gaudio
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Giuseppe Dossetti e Sandro Baldini | posted: 15/12/2021 at 16:40:24 |
Don Giuseppe è in una dimensione che non conosciamo dal 15 dicembre 1996, Sandro dal 17 dicembre 2015. Sandro ama il suo maestro e ne discorre e scrive con sincera gratitudine senza erodere l’obiettività. C’è una sua riflessione davvero efficace. È del 2009 ed è pubblicata nel libro “Sandro”, Monteveglio, 2016. La trasformo in dialogo per essere tutt’uno con loro. Sandro è raggomitolato come un passerotto educato e partecipe sulla sponda destra del vivace divano della sua casa: sobria… oserei dire povera… solidale, appassionata. Don Giuseppe, serenamente fervido, pazientemente insofferente… nella sua immaterialità attuale… è sulla poltroncina essenziale di fronte. Io su quella omologa, discreta e benaugurante. Michi: Sandro, prova a definire la vicenda terrena di don Giuseppe! Sandro: Non è definibile, al massimo si può delineare umilmente nella sua complessità e atipicità. Infatti è partigiano ma non tocca mai un’arma. È vicesegretario della Democrazia Cristiana senza essere iscritto al partito. Pur essendo grande esperto di diritto ecclesiastico e canonico, non ha mentori. Diventa sacerdote senza un giorno di seminario. È risoluto sostenitore della rivoluzione di Papa Giovanni XXIII, che incontra più volte; al Concilio Vaticano II svolge un ruolo rilevante, accanto al cardinale Lercaro, ma non riveste alcuna carica ufficiale. Fonda la Piccola Famiglia dell’Annunziata, una comunità religiosa di impronta monastica che include però persone sposate. Votato alla preghiera e al silenzio, che mantiene per decenni, nel 1994 però, con grande clamore e dispendio di energie, lancia il memorabile appello in difesa dei valori della Costituzione, messi in discussione da alcune forze politiche. Michi: A me sembra un eretico… della Chiesa, della politica, della società… la diversità parte vivente del tutto… che incalza… motore della natura, delle trame del mondo fenomenico, del suo snodarsi nei secoli… Lo incontro tutti i giorni, tante volte al giorno; mi indica il sentiero. Don Giuseppe ascolta con labbra sognanti! Sandro: Certo, costringe a rimettersi costantemente in gioco con la mente e il cuore; a seguire i contrasti interiori, come ogni cristiano e ogni persona. Ci sono due orientamenti: il primo divide la sua vita in vari periodi temporali, senza un dinamico rapporto tra loro, nei quali si sarebbe avvicinato progressivamente alla verità, sua propria, prima ignorata; il secondo la reputa una evoluzione a tutto tondo senza conflitti, coesa, ininterrotta, di convinzioni già presenti nella sua adolescenza e giovinezza, che, nella fase conclusiva, si sarebbero riconfermate, più o meno arricchite ma immutate. A mio parere entrambi falliscono il bersaglio. Don Giuseppe annuisce. Io taccio, coinvolto per intero. Sandro: In realtà, quel che ha unificato la sua esistenza non sono state le sue idee ma il suo essere un “cristiano ardente”! E così ha vissuto, pensato, sentito, parlato, insegnato, rivolgendosi primariamente ai cristiani, i quali dovrebbero avere la capacità di capirlo meglio di qualunque altro! La sua visione ha potuto avere una forte risonanza nelle temperie culturale, politica e religiosa della società e ha potuto essere utilizzata con profitto in vista di fini strettamente politici. La sua massima aspirazione però è sempre stata rendere conto “della speranza che era [in lui]” e di farlo “con franchezza senza riserve timide o scaltre, con dolcezza e rispetto verso tutti gli uomini e con retta coscienza”. Michi: Ma allora concepisce un cristianesimo originale, innovativo? Sandro: Il cristianesimo che Don Giuseppe professava aveva evidenti peculiarità. Era un cristianesimo radicale: don Giuseppe ripeteva sempre che voleva essere nella Chiesa un semplice cristiano, cioè un semplice battezzato, afferrato da Dio mediante questo atto sacramentale, ma inculcava anche che questa chiamata battesimale “costringe” a portare fino in fondo “lo sviluppo coerente e continuo… sino alla sequela pura e totale di Cristo”. Era un “cristianesimo incarnato” nella Storia! Michi: Puoi spiegare meglio questo concetto? L’incarnazione riguarda sia Cristo che il cristianesimo? Sandro: Don Giuseppe aveva optato, per sé e la sua “famiglia”, per il primato della preghiera su ogni altra opera, ma non si stancava di mettere in guardia contro il pericolo di un cristianesimo rarefatto, spiritualista, acosmico, disincarnato. Invitava sempre a rivolgere lo sguardo, con tutte le proprie forze, certamente a Dio cercandone il volto, ma contemporaneamente alla Storia e a quella unica carovana umana che l’attraversava e di cui tutti, quale che sia il loro stato, fanno parte. Don Giuseppe sorride. Io mi commuovo. Gesù, incorporeo osservatore, è seduto sulla sponda sinistra del divano e sventola la mano. michi del gaudio
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Golpe Borghese | posted: 7/12/2021 at 14:01:52 |
avviene nella notte fra il 7 e l’8 dicembre del 1970. Ma se ne ha notizia solo il 17 marzo 1971, grazie ad uno scoop del quotidiano Paese Sera. Vincenza Enea è sconosciuta ai più, ma ha un ruolo non proprio marginale nella storia politica del dopoguerra. È per oltre trent'anni la segreteria fidatissima di Andreotti, anche se preferisce essere la regina, non del suo ufficio istituzionale, ma di quello privato, prima in Piazza Montecitorio poi in Piazza San Lorenzo in Lucina. Quella sera del marzo ’74 Vincenza attende ospiti di rango. Anche lo scuro palazzo papalino è avvertito. Anche il portiere. Anche i due signori che fumano sigarette guardando senza guardare. Ogni dettaglio è curato. Ecco il primo invitato! Lo accoglie ossequiosa la cariatide d’ingresso e lo accompagna col braccio verso l’androne. I due osservano senza osservare. Arriva il secondo, il terzo, il quarto, il quinto. Vincenza è già fuori la soglia. Affabile, conversa fra un dolciume e una bevanda. Quando sono tutti, li conduce dal Divo Giulio: immoto, inamovibile, tutt’uno con poltrona potere, scrivania autorità, mobilio bruno corrucciato. E si dilegua, Vincenza, riservata e indaffarata. Il suo atteggiamento non varia, dalle eccellenze ai semplici elettori che chiedono la “grazia”, dai diplomatici ai giornalisti che domandano l’“oracolo”. Ma questa convocazione del 1974 cosa c’entra con il Golpe del 1970? Nel 1974 il nume, da ministro della difesa, assiste inerme alle temibili indagini del giudice Giovanni Tamburino, mio carissimo amico, su La Rosa dei Venti, associazione segreta reazionaria; e alle stragi neofasciste di Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio e del treno Italicus il 4 agosto. Ricordo a tal proposito che da giudice istruttore, nell’indagare sugli attentati dinamitardi a Savona, un testimone riferì delle visite in zona di Mario Tuti, imputato della vicenda Italicus. Tuti avrebbe anche sotterrato delle armi nel vasto terreno di un’antica villa. La perquisizione ebbe esito negativo! O per l’inattendibilità del teste o perché l’arsenale era stato spostato. È settembre. Sempre del ’74. Andreotti, anche a causa di articoli di stampa, è costretto a risvegliare il Golpe Borghese, giacente in sonno. Riemerge pure l’ignoto ed ignobile incontro del marzo precedente ed il suo infedele parto. Vincenza lo pianifica con scrupolo euclideo, con squadra e compasso. Le ante corpulente del tempio impenetrabile e l’uscio opaco del sacro studio sono sprangati e silenziati. I convitati relazionano uno dopo l’altro: Enrico Mino, comandante generale dei carabinieri, iscritto alla loggia massonica P2; il capo del Servizio Informazione Difesa, ammiraglio Mario Casardi; il generale Gianadelio Maletti, numero due del SID, anch’egli P2; il tenente colonnello Romagnoli, capo della III sezione della polizia militare. Tace il collaboratore di Maletti, capitano Antonio Labruna, P2, presente solo perché esperto in registrazioni. Le notizie sono ampie e dettagliate, pronte per il magistrato competente. Ed infatti il ministro tira fuori dal cappuccio il dossier sul golpe redatto da Maletti e lo deposita il 15 settembre. Ah, i servizi segreti! Abili nel pedinare ed intercettare gli altri, ma infantilmente ingenui nel tutelare i loro di segreti! Il mago delle bobine, il presente assente, il taciturno manovale dello spionaggio, il subordinato obbediente ma pensante, mette nel sacco l’Olimpo del mistero: Labruna conserva il nastro della riunione! E nel 1991 lo produce dinanzi al giudice istruttore di Milano Guido Salvini. Che trasmette copia alla commissione parlamentare contro le stragi. Ed io, che nel ‘94 ne faccio parte, la esamino. Apprendo che è Andreotti a chiudere il recondito simposio e sentenziare: “Bisogna sfrondare il malloppo!”. Io però so poco del Golpe Borghese, quindi al successivo appuntamento del gruppo di lavoro che mi aiuta e mi stimola mi faccio spiegare. Il golpe era ambizioso. Comprendeva l’addestramento di militi clandestini e quindi l'occupazione del ministero dell’interno, di tv, radio e telefonia, la deportazione dei parlamentari sgraditi, il rapimento del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, l’uccisione del capo della polizia Angelo Vicari. L’organizzatore materiale era il principe Junio Valerio Borghese, fascista convinto, alto ufficiale della repubblica sociale italiana, che nel 1968 aveva fondato il Fronte Nazionale con l’obiettivo di sovvertire lo Stato. Ma il quadro dell’operazione era esteso: ambienti statunitensi, CIA, P2 che avrebbe dovuto rapire Saragat; si poteva anche contare sulla conoscenza non interventista dei servizi segreti, del comandante navale Nato del SudEuropa, del Capo di Stato Maggiore della Marina e dell’Esercito, del Comandante della III Armata e delle fanterie del SudEuropa e di alcune personalità del Quirinale. La notte del 7 dicembre 1970 si radunarono in centinaia di Fronte Nazionale, Associazione Paracadutisti, Avanguardia Nazionale, forestali; entrarono nel ministero dell’interno, distribuirono armi e munizioni; erano presidiati anche il ministero della difesa e la RAI; nel milanese a Sesto San Giovanni c’era La Rosa dei Venti. Poi il contrordine! Si trattò sicuramente di un colpo di Stato! Per alcuni di un tentativo fallito. Per altri consumato, perché l’obiettivo era stato conseguito: frenare le aperture a sinistra di Aldo Moro, arginare l’offensiva del partito comunista verso la stanza dei bottoni, consolidare l’alleanza atlantica. Lascio la camera a mezzanotte. Davanti all’Hotel Portoghesi, dove dormo quando sono a Roma, mi aspetta un quarantenne segaligno, ossuto, intenso. Gli occhi seri, preoccupati, gentili mi parlano di strategia della tensione. Gli episodi sono interessanti. Il giorno dopo cerco riscontri. Sono attendibili. Lo trovo ancora una volta. Stesso luogo, stessa ora, narrazioni appassionate ed arcane, anche sul Golpe dell’Immacolata. La terza volta, con tocco repentino, inaspettato, educato affida alle mie mani improbabili un plico da consegnare all’autorità giudiziaria qualora non fosse tornato entro quindici giorni. Ma lo rivedo e gli restituisco la busta. Poi più nulla. In quelle settimane non ho paura, ma sono a disagio: devo essere un buon deputato, non fare l’agente segreto. E se il tizio non fosse riapparso? E perché non si è fatto più vivo? Chi è? No, non posso diventare lo strumento di altri! M’incammino per Via degli Uffici del Vicario. Giolitti è ancora aperto. Prendo un gelatone nocciola e noce. La serenità mi pervade gradualmente, completamente. Sfrondare il malloppo! Ed infatti il rapporto di Maletti è denominato Malloppone, ma in realtà è un malloppino, depurato di eventi e nomi da tenere coperti: come quello dell’ammiraglio Giovanni Torrisi, divenuto poi Capo di Stato Maggiore della Difesa; di Licio Gelli e della sua loggia; di altri personaggi politici e militari; della loro partecipazione a meeting confidenziali Nato; del "patto" fra Borghese e la mafia, che avrebbe dovuto eliminare il capo della polizia. Andreotti stesso ammette in seguito la ripulitura per evitare inutili nocumenti. Il Golpe Borghese! Adesso so tante cose. Ma non tutto. Nel 2004 si aggiunge un tassello grazie alla divulgazione, negli Stati Uniti, di atti in base alla "Legge sulla libertà di informazione", che consente l'accesso agli archivi nazionali e a documenti segretati. In uno di essi è esplicito il consenso del governo statunitense al Golpe Borghese, purché sia garantito da un politico come Andreotti, che dovrà gestire la fase successiva. Che il Divo sappia dell’endorsement americano, sia coinvolto, abbia ordinato lo stop è rimandato alla pubblicazione degli incartamenti italiani… “I misteri sono di casa nell'oscurità” (Wolfgang Goethe, Faust), ma “Di quelli che architettano nell'ombra qualcosa, l'animo, benché nascosto, anzitempo suole tradirsi” (Sofocle, Antigone). michi del gaudio
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Antonino Caponnetto | posted: 6/12/2021 at 16:29:41 |
Oggi è il 19° anniversario del suo passaggio dalla vita del tempo a quella senza tempo. Caro Nino, ti amo come se fossi mio padre, tu mi ami come se fossi tuo figlio. Non basta un’esistenza perenne per ringraziarti delle parole che mi dedichi all’Auditorium di Tolmezzo il 17 maggio 1995 davanti a centinaia di studentesse e studenti. Mi emoziono ancora! “Ringrazio tutti: chi ha organizzato questa mia salita a Tolmezzo… Io non sono nessuno, sono un modesto pensionato, che sta seguitando a girare il paese con tanta passione, con tanta stanchezza, ma con tanto entusiasmo, per portare ai giovani… una parola di fiducia, di coraggio… Non so se avete avuto mai un incontro con un… personaggio meraviglioso, Michele Del Gaudio. Michele è stato un magistrato coraggioso che tredici anni fa, giudice istruttore a Savona, mandò a giudizio, in manette, tutti gli uomini più potenti della Regione ligure socialista e ne ottenne la condanna, benché non incoraggiato affatto dai propri superiori, che lo tiravano per la giacca, dicendo: Stai attento, non ti mettere contro i potenti… Ma lui andò diritto per la sua strada; ci ha rimesso la carriera… ci ha rimesso un matrimonio splendido con Luciana, Lu, quella Lu a cui indirizza le lettere in quel volume bellissimo che tutte le biblioteche scolastiche dovrebbero avere, La toga strappata, in cui racconta questa sua allucinante esperienza, in forma di lettere tra Michi e Lu, in cui parlano di moltissimi problemi, ma soprattutto… di questa allucinante esperienza, stretto da una parte da quello che era il suo obbligo di coscienza, il suo dovere di fare giustizia, dall’altra dalle intimidazioni… e dalle minacce espresse, formulate in Parlamento dai capi politici di allora: Un giorno faremo i conti con questi giudici prevaricatori, con questi giudici che opprimono, che perseguitano gli innocenti. Sono tredici anni che noi sentiamo queste parole… non contro tutti i magistrati, neanche contro i magistrati corrotti: quelli vengono dimenticati. Stranamente si sentono queste minacce contro i magistrati che fanno il proprio dovere, che hanno il coraggio di perseguire i potenti senza riguardo per nessuno, come Del Gaudio. E Del Gaudio ha raccontato questa sua esperienza in questo libro, che io raccomando a tutte le scuole, perché è emblematico, perché rappresenta un poco quella che è sempre stata, nel corso dell’umanità, la lotta, la sfida tra un uomo coraggioso armato solo della propria coscienza e dei propri ideali, che sia magistrato, che sia sacerdote, che sia uomo di pensiero, che sia un letterato, filosofo, e l’arroganza e la corruzione del potere. Ecco, simboleggia proprio questo contrasto eterno, che ci sarà sempre, tra il bene e il male. Ecco perché tutti i giovani dovrebbero leggere libri come quello. Ora ha scritto ultimamente un altro bellissimo libro dedicato a voi giovani con tanto amore... Vi racconto la Costituzione. Magari tornerò per parlare di questo libro, perché non è il tema di oggi… Michele… ha scritto anche lettere… la prima lettera ai fratelli della camorra, la seconda ai sacerdoti in terra di mafia e la terza ai giovani. Cari ragazzi – dice Michele – io fino a qualche anno fa lavoravo solamente, poi mi sono accorto che era necessario impegnarsi nel civile, nel sociale. Ho in particolare incominciato a girare le scuole di tutta Italia, per farvi capire che la cosa più importante nella vita sono i sentimenti e gli ideali… La leggo volentieri questa lettera spesso agli studenti, perché riflette il mio stato d’animo, i miei sentimenti. Sono in perfetta sintonia con Michele; quando ci troviamo, qualche volta le nostre strade si incrociano, è proprio una festa. Ultimamente si sono incrociate spesso, perché sono andato in giro a presentare il suo libro, assieme a lui e ho conosciuto anche i ragazzi con i quali egli dialoga nello spiegare i valori della Costituzione, tutti di Torre Annunziata… Perbacco – dice Michele – io trovo ragazzi entusiasti, che ascoltano attenti, che applaudono, si commuovono, si affollano attorno a me dopo il dibattito per parlare ancora, che mi scrivono lettere bellissime. Quando ero ancora poco più che un ragazzino sono diventato giudice, ho cercato di essere onesto e indipendente, ma ho trovato contro di me – lo dicevo prima – proprio le istituzioni che mi dovevano difendere. Ho continuato la mia lotta non violenta a mafia e corruzione e oggi ho incontrato voi, che date un senso – dice Michele – alla mia vita. Voi che date un senso – potrei dire io – a questa mia meravigliosa vecchiaia. Continuate così. Sentite questo eptalogo, questi sette comandamenti di Michele, cercate di racchiuderli nell’animo, di non dimenticarli per quanto è possibile... e nei momenti di sconforto, di sfiducia, cercate di riandare a questi comandamenti di Michele: Rifiutate i compromessi. Siate intransigenti sui valori. Convincete con amore chi sbaglia. Rifiutate il metodo del saperci fare… non chiedete mai favori o raccomandazioni... E votate in modo consapevole quando sarà il vostro momento... non per ottenerne dei vantaggi… Oggi ci vuole la cultura della ribellione, della consapevolezza, della partecipazione, della solidarietà, della resistenza. Fatelo tutti. Il silenzio non basta più, bisogna parlare, denunciare, agire, essere normali… cioè onesti, leali, corretti…”. (Antonino Caponnetto, Diple Edizioni, Firenze, 2003, pag. 23-30)
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Maria Traino, mia nonna | posted: 3/12/2021 at 13:08:24 |
petalo di rosa, ruscello di amore, oggi compirebbe 122 anni. “A Michele Del Gaudio è stata trasmessa nel cuore una genuina e schietta polla d'amore da Nonnà, che egli definiva, a 14 anni, «la mia migliore amica, tanto che spesso, quando ho dei dubbi, mi chiedo cosa farebbe Nonnà, e agisco in conseguenza». Cinque anni più tardi, a 19 anni, alla morte di Nonnà, scriveva: «lI primo vero e grande dolore della mia vita. E l'unico legame che mi rimane con Dio». Leggendo… queste parole… mi sono ricordato di qualche cosa di analogo che ho pensato più volte per qualche pagina (certo non tutte) di Lev Tolstoj, altrettanto rivelatrice dell'influsso remoto ma potente della personalità della zia che gli fece da madre (perduta nella prima infanzia): «La zia Tatjana Aleksandrovna esercitava una grande influenza sulla mia vita: questa influenza consisteva, in primo luogo, nel fatto che lei, già nell'infanzia, mi insegnò la felicità spirituale che viene dalla carità! Non me l'insegnava con le parole, ma con tutto il suo essere mi sorprendeva con l'amore. Vedevo, sentivo, come le faceva bene amare, e ho capito la gioia d'amare... ». È dunque a questa vena sotterranea d'amore - d'amore alla vita, al servizio di alti ideali - e non solo a una solida logica giuridica, che si ispira (Michele)…” (Giuseppe Dossetti).
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