Notizie del 9/2021
Mario Almerighi | posted: 28/9/2021 at 13:40:36 |
oggi compirebbe 82 anni. Perugia! Lo Spazio! Le Mura, il Palazzo dei Priori, la cattedrale gotica... ma mi seducono soprattutto le quattro scale mobili che si arrampicano fino al centro storico alto. Sono una composita scultura tecnologica d’arte contemporanea in simbiosi con l’architettura antica preesistente e la roccia naturale. Appena arrivo, m’inzuppo nella loro atmosfera celere con spazi per venerare e meditare. In pochi minuti sono al Palazzo del Capitano del Popolo. Prima di ridiscendere andrò ad ammirare la Fontana Maggiore e studentesse e studenti d’ogni lingua che frequentano l’università per stranieri. Tribunale! Ancora lo Spazio! Questa volta non devo giudicare ma testimoniare! Si accusa Giulio Andreotti di aver diffamato Mario Almerighi attraverso i mass media, in particolare nella trasmissione “Porta a porta”, rimproverandogli di aver deposto il falso a Palermo nell’altro processo - quello dell’Andreotti presunto mafioso -, di aver detto infamie, di essere pazzo. I suoi difensori sono Giulia Bongiorno e Franco Coppi, il gotha! Giulio è contumace! Mario, parte civile, è limpido: sorriso tormentato, eleganza morigeratamente disinvolta, pipa storica nel taschino, fedele aura di tabacco aromatico. Il suo avvocato è il mitico Pino Zupo, grande amico di Enrico Berlinguer. Gli altri testimoni sono l’ex ministro Virginio Rognoni, i magistrati Vito D’Ambrosio, Ippolisto Parziale, Claudio Lo Curto e alcuni giornalisti. La vicenda si accende dopo la sentenza del 23-10-1999 che in parte assolve Andreotti dalla mafia e in parte lo dichiara prescritto. La prescrizione merita un telegrafico approfondimento: si applica quando è decorso troppo tempo – il Tempo - dalla data del reato, ma solo se “non” vi sono prove di innocenza, altrimenti c’è l’assoluzione. Quindi la prescrizione viene utilizzata in presenza di un quadro probatorio delittuoso. Se non scade il termine, il procedimento continua, magari con l’accertamento della responsabilità dell’imputato. Quindi non è una assoluzione, ma una “quasi” condanna. Se si punta alla formula piena, infatti, si può rinunciare alla prescrizione: Andreotti non lo fa! Anzi, invece di essere dissetato dall’esito favorevole, scaglia vibranti interviste su giornali, radio e tv, in cui ingiuria Mario. La mia testimonianza riguarda la relativa vicenda, del 1987. Piero Casadei Monti, capo di gabinetto dell’allora ministro della giustizia Rognoni, confida a Mario che il ministro, prima favorevole, decide poi di non esercitare l’azione disciplinare nei confronti di Corrado Carnevale – il presidente di Cassazione detto “l’ammazzasentenze” perché spesso cancella provvedimenti solo per vizi di forma – a causa delle pressioni subite da Andreotti, all’epoca ministro degli esteri. È il marzo del 2007 – ancora il Tempo -, entro in aula per dire la verità, che si dipana trasparente ed inquietante nonostante l’incalzante e addestrato Coppi. Il 15 giugno viene pronunciato il verdetto che certifica la colpevolezza di Andreotti e lo condanna alla pena di euro 2.000 di multa e al risarcimento del danno da quantificarsi in altra sede, con versamento immediato di euro 20.000. La sanzione penale è minima, il risarcimento cospicuo, ma è l’unica volta in cui il Divo Giulio è castigato dall’autorità giudiziaria. Solo Mario, con il suo coraggio e la sua tenacia, contro tutto, tutte, tutti, poteva riuscirci! Mario, che piange le sue piaghe… le sue morti… Ciaccio Montalto, Falcone, Borsellino, Livatino… “È per loro che colleziono sconfitte, Michi! Hanno bisogno di me, di noi!” singhiozza spesso con gli occhi nel cuore. Primavera! Di nuovo il Tempo! Esco dal quattrocentesco portale. Con tutti i sensi riabbraccio il cielo, sincero d’imbrunire, e ne ricordo un altro in cui adolescente tornavo a casa in moto dopo aver studiato da un compagno: l’aria nuova tinteggiava proprio marzo: l’avvertivo per la prima volta quell’anno: era inebriante sventolarle il giubbetto, rigonfio e spedito, assieme ad una sensazione di desiderio, di corteggiamento, di contatto fisico, d’innamorarsi. Cominciò da allora il riproporsi della felicità soffiata dalla brezza effervescente ed eccitante. Non conoscevo Mallarmé, ma quando lessi le sue opere, mi immedesimai nelle sue primavere: anomale, sensuali stagioni. Mario Almerighi nasce il 28 settembre 1939 e muore senza morire il 24 marzo 2017, comunque troppo presto per tutte, tutti coloro che gli vogliono bene. michi del gaudio
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Sandro Pertini | posted: 25/9/2021 at 13:41:06 |
oggi compirebbe 125 anni. “Come si dichiara?”. “Colpevole!”. Il tribunale nel 1925 era saldamente ancorato nel palazzo cinquecentesco dei Della Rovere e nel regime fascista. A Savona solo un giudice, Nicola Panevino, lo combatteva per la sua fede democratica: fu fucilato a soli 35 anni. Il luogo della presunta giustizia savonese era presidiato militarmente dalle squadracce nere, ma vi erano pure gli oppositori, diffusi, impercettibili. Sandro Pertini campeggiava col petto in fuori, incurante delle sofferenze patite e da patire ancora. Fino ad allora non gli avevano sparato, ma di bastonate dai “boia chi molla” ne aveva prese tante. “Allora, Pertini, ammette di aver commesso i reati contestati? – chiese il presidente con voce ferma, ma anche esitante, insicura, indulgente -. Le si addebita di aver distribuito un opuscolo clandestino, stampato a sue spese, dal titolo “Sotto il barbaro dominio fascista”, di aver accusato la monarchia di corresponsabilità col fascismo, di aver imputato quest’ultimo di illegalità e violenze, nonché la gran parte dei senatori di connivenza”. “Sì, presidente! Disconosco invece le norme tiranne che mi condannano!”. “Signor pubblico ministero?”. “Il massimo della pena!”. “Avvocato?”. “Mi rimetto alla clemenza della corte!”. “Viva la libertà!” gridò Sandro nella potenza delle sue convinzioni, che non aveva voluto barattare con una sanzione più lieve. L’emozione per l’ingiustizia compiuta era tangibile, corporea, espansa. Lo stesso maresciallo dei Carabinieri, nel rimettergli le manette per portarlo via, singhiozzava. Rimase in carcere per otto mesi filati. La notte dormiva poco. Si alzava e ricoricava, si alternava il ronzare cerebrale che la giovinezza si andasse dileguando, diseredata dalle sbarre. Era disorientato, ma ritornava puntuale la voglia di lottare. Pensava costantemente alla mamma, al dolore che le procurava per le sue idee, mai tenute nel taschino, ma esibite tutte le volte che era necessario. L’aveva scorta in un angolo dell’aula e gli occhi gli si erano rigati d’amore e rabbia. Donna Giovanna ottenne un colloquio e fra l’altro gli riferì: “Ho incontrato per strada il presidente del tribunale. Mi ha confortato: Signora, non potevamo agire diversamente, era reo confesso!". Me lo raccontò proprio Pertini nel 1984 in una lunga telefonata. Ovviamente, appena uscito, Sandro riprese l’impegno contro la dittatura, scrivendo brani di storia repubblicana. È per me un punto di riferimento, assieme a papa Giovanni, il “papa buono”, e a mia nonna. michi del gaudio
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Giancarlo Siani | posted: 23/9/2021 at 13:53:23 |
viene ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985… ma s’insinua delicatamente nel cuore e nella mente di un numero enorme di persone, che il giovane giornalista non avrebbe mai immaginato. Bambine, bambini, adolescenti, giovani, adulte, adulti, anziane, anziani, raggianti di sogni, lo conoscono, parlano di lui, parlano con lui. Gli anni si annodano alle loro vite per consentirgli di continuare a vivere. Ogni anniversario la marea cresce, accompagnata dal fratello Paolo, e il dolore si trasforma sempre più in festa, come accade in queste settimane in tutt’Italia: è una giornata itinerante nel tempo e nello spazio, diffusa giorno dopo giorno, baciando scuole, sale, cortili, vie, piazze, chiese, parlamento… finanche il mare. Ne germoglia un articolato software di eventi, sentimenti, ideali, impegni. Informazione, verità e giustizia sono le stelle comete di un dibattito in cui l’allegria si armonizza con l’autorevolezza, la sincerità vince l’ipocrisia, la sostanza annichilisce la forma. La giustizia ha il compito di far coincidere la verità del processo con quella reale. L’informazione è la ricerca della verità. La verità insegue giustizia e informazione per farsi trovare, ma non sempre ci riesce. La verità sono ragazze e ragazzi, che non sono la periferia della collettività, ma il fulcro dell’agire di adulte e adulti, non uniche detentrici, unici detentori del potere e del sapere. Si svela, espande, consolida una comunità giovanile pensante, stimolata e stimolante, che si troverà a proprio agio in quella adulta, perché si sentirà al centro del percorso. Assieme ad adulte e adulti ne costituirà il presente, non un futuro indefinito ed incerto; un presente per ascoltare, ascoltarsi, capire, capirsi, discutere insieme, decidere insieme, costruire insieme. La camorra fa schifo! Rimane senza una risposta, esauriente e concreta, la domanda pressante di studentesse e studenti: “Perché la camorra ci tende la mano e lo Stato no?”. Ma tutte, tutti hanno assunto la responsabilità, nel ricordare Giancarlo, di cercare sempre la Verità, qualunque ruolo abbiano, qualunque essa sia. michi del gaudio
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Tullio Pironti | posted: 22/9/2021 at 19:20:33 |
muore nei giorni scorsi fra le braccia dei suoi libri, di autrici ed autori, collaboratrici e collaboratori, lettrici e lettori, della napoletanità autentica che alberga nei vicoli e nelle strade eleganti, nei versi di poeti e cantautori, nelle opere degli esteti infiniti. Tullio è la cultura, anche se non è colto. Ha un intuito affidabile, una intelligenza maiuscola, una capacità di predire il futuro a chiunque gli si presenti con uno scritto a penna, a macchina, a computer; riconosce all'istante il talento, più dei critici di professione. Disegna le sue copertine, discerne pittura, scultura, grafica. È timido, sensibile, ma ha in serbo un coraggio perspicace. È di poche parole, ma esaustive. Non guarda negli occhi, ma centellina sguardi penetranti che denudano interlocutrici ed interlocutori costringendoli alla sincerità. Affascina, saluta con un sapore che trasmette voglia di rivederlo. Non ha sogni ma speranza. Era un maggio che spaccava, l’aria sudava sui basoli vesuviani del ’92 alle tre pomeridiane. Piazza Dante seduceva, ammaliava fra saette di sole e zampilli di colori caleidoscopici. Il palazzo antico ospitava l’editore. Scale vetuste tormentate accompagnavano alla porta castana, invecchiata ma nobile. Tullio dall’uscio mi pilotò fino ad un salone con due scrivanie d’antiquario, come le poltroncine, l‘arredo, i quadri… un ambiente comunque sobrio, riservato, avvolgente, appassionato. Io avevo già la casa editrice, la Sisifo di Diego Novelli e Adalberto Minucci, piccola ma prestigiosa. Pironti mi telefonò senza conoscermi. Gli aveva dato il numero Rosalba Cesqua, che aveva letto la bozza e mi aveva dato qualche consiglio. Le era piaciuta e l’aveva appoggiata “distrattamente” senza proferir parola sullo scrittoio di Tullio… che non ascoltava chi insisteva, ma non domava la curiosità di indagare sul nulla. In poche ore mi precettò. “Il libro è ottimo, lo pubblico. Sul contenuto non intervengo e comunque non cambierei neanche una virgola, ma su titolo e copertina decido io. Le dò il 10% di diritti d’autore, è il massimo ma ci vale. Possiamo anche partire subito”. Pironti continuava a pugilare, da giovane lo faceva sul ring, ma con voce morbida e tono suadente. Mi stese senza che me ne accorgessi. Adalberto mi svincolò, ottenni il titolo “La toga strappata” abbandonando a malincuore quello iniziale “Storia di un’utopia”. A fine luglio il volume era nelle librerie di tutt’Italia, altro che editore del Sud, e scalò subito le classifiche, fino al terzo posto, avanti ad autori famosi. Fu il sessantatreesimo dell’anno, pur avendo gareggiato solo per cinque mesi. Da quella primavera focosa si diffuse un sentimento intenso, che spadroneggiò con dolcezza, perché l’imprenditore si rivelò un uomo mite, poliedrico, generoso. Orgoglioso di me e della mia umiltà mi presentò la sapienza partenopea e nazionale, anche se fu commovente soprattutto l’incontro con Fernanda Pivano. Tullio mangiava poco, ma godeva delle tavolate raffinate di menti. Siamo stati comitiva per anni con gran cerimoniere un Luigi Necco spumeggiante. Mia moglie Maria non mancava mai: era incantata da Tullio, dalla compagna Carmen e dalla sua orchestra di artisti e letterati. Ci siamo sentiti a luglio… poi… già mi manca… michele del gaudio
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Il prefetto scaricabarile | posted: 17/9/2021 at 18:15:00 |
Leggo sul sito https://lostrillone.tv/ un articolo del 16-09-2021 in cui sono riportate dichiarazioni virgolettate, riprese da un’intervista a Il Mattino, del prefetto di Napoli Marco Valentini: “L’omertà di Torre Annunziata rende difficile il lavoro dello Stato... Molto spesso si parla di episodi avvenuti alla presenza di molte persone. Una forma di omertà che crea una difficoltà notevole nello spostare l’asse di questa battaglia a favore dello Stato. Uno Stato che non è affatto assente”. Sono sbalordito: la camorra a Torre Annunziata è addebitabile solo alla sua intera popolazione, che si trincera dietro l’omertà. Sono note le mie iniziative per stanare chi a Torre anche indirettamente consente alla camorra di allignare, le mie parole critiche verso una minoranza di torresi e quelle di sensibilizzazione nei confronti della maggioranza. Ma è inaccettabile il generico verdetto del rappresentante del governo nella provincia di Napoli. Anche perché si afferma che lo “Stato non è affatto assente”. Dov’è lo Stato? E dov’è lei, signor prefetto? Perché non determina le condizioni per la creazione di posti di lavoro; perché non risolve le vertenze in corso; perché ha assistito inerte allo smantellamento del polo industriale torrese, di quello nautico creato pochi anni orsono, alla fuga di pescecani col bottino delle aziende oplontine prima acquistate e poi mollate dopo aver intascato lauti finanziamenti; perché non istituisce strutture sociali di sostegno per i minori a rischio, per le famiglie disagiate, per il reinserimento psicologico, sociale, lavorativo degli ex detenuti, costretti a rivolgersi a cooperative in odore di camorra; perché non fa nulla o quasi per persuadere commercianti estorti o usurati a denunciare in piena sicurezza; perché non fornisce scuole attrezzate per contesti disagiati, per andare a cercare i minori sulla strada della devianza, senza aspettarli con il pacchetto tutto compreso da prendere o lasciare, che produce esclusione non inclusione; perché assegna alle associazioni tanti compiti dello Stato senza supportarle adeguatamente; se il Comune non ha ottemperato alle sue prescrizioni, perché non ha inviato una commissione di accesso o addirittura un commissario… e potrei continuare a lungo sulle inefficienze dello Stato. Invece per lei lo Stato è immacolato, mentre è genericamente colpevole la popolazione torrese. E lei, eccellenza, non ringrazia per nulla cittadine, cittadini, lavoratrici, lavoratori, imprenditrici, imprenditori, operatrici ed operatori sociali, volontarie, volontari, famiglie in difficoltà, ragazze, ragazzi, ex detenute e detenuti, insegnanti, presidi, sacerdoti come don Antonio Carbone, che si sono sempre schierati con l’onestà, la legalità, la giustizia, senza dimenticare forze dell’ordine e magistratura che negli ultimi decenni non si sono risparmiate. Chieda scusa, signor prefetto, alla città di Torre Annunziata per le sue parole generalizzanti, offensive, fuorvianti nella individuazione di negligenze ove lo Stato giganteggia. I torresi malavitosi o omertosi sicuramente sono molti, ma la responsabilità è personale. Poiché sarò accusato ingiustamente da ipocriti di fare il gioco della camorra, richiamo la mia storia che dimostra il mio costante impegno contro le mafie: la legge antimafia del 13-09-1982 è stata applicata per la prima volta in Italia da noi giudici istruttori savonesi il 14-06-1983; dal 1992, chiamato dal giudice Antonino Caponnetto, milito nell’antimafia sociale; sono fautore convinto del recentissimo Comitato anticamorra; invito ancora una volta la cittadinanza a tenere comportamenti nel rispetto delle regole ed in chiave anticamorra. Ma so che per estirpare omertà, illegalità, mafie occorrono tempi lunghi, quindi non è credibile chi promette e pretende a breve che paura e malaffare siano vinti. Intanto però è essenziale operare insieme al Comitato guidato da Nadia Sorrentino Cerrato. Chiedo perdono al prefetto Valentini e a tutte, tutti voi, per il mio ardire, che è motivato solo dalla ricerca della verità, pur consapevole che la mia può essere errata. michele del gaudio
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Lettera Aperta | posted: 10/9/2021 at 19:28:21 |
a Tania Sorrentino, Maria Adriana Cerrato, Fabiola Staiano, Sandro Ruotolo e Paolo Siani Carrissime/i, perdonate questo mio intervento, ma lo devo a splendide persone come Maurizio Cerrato, Gigi Staiano, Giancarlo Siani e a voi. Ho appena letto del “Comitato di liberazione dalla camorra e dal malaffare” e sono rimasto colpito dalla figura centrale dell’avvocato Pierpaolo Telese. Ormai, anche a causa delle mie condizioni di salute, pubblico solo post in cui narro brevi storie di sentimenti e ideali, ma sento il dovere di criticare ancora Pierpaolo, non come uomo ovviamente ma come politico. Tralasciando i cambi di correnti e di casacche precedenti, l’avvocato affermò nel 2014 di aver lasciato la politica per dedicarsi all’associazionismo. La sua svolta mi lasciò perplesso, perché fondò direttamente o indirettamente varie associazioni, i cui soci, pochissimi, e dirigenti erano per lo più suoi familiari ed amici. Tentò senza riuscirci di condizionare le scelte del neo presidio locale di Libera, con alcuni alleati. Come volevasi dimostrare Telese, alleati ed associazioni si presentarono alle elezioni comunali successive con più liste civiche con lui come candidato sindaco. Fu eletto un solo consigliere comunale, Pierpaolo, perché concorreva come primo cittadino. Coloro che lo avevano seguito nell’associazionismo e nel voto si ritennero un po’ traditi: in tante, tanti si erano impegnate/i, avevano portato preferenze per eleggere al fine solo il promotore dell’iniziativa. Oggi si ripropone una nuova situazione favorevole per l’avvocato, che, mancando poco alla nuova tornata elettorale, rilancia la sua propensione associativa con un Comitato dalle nobili finalità, coinvolgendo di nuovo le associazioni. Non ne sono certo, ma una rapida scorsa potrebbe consentire al curioso di rinvenire quelle ricollegabili a lui, magari anche con la stessa sede. Care e cari Tania, Adriana, Fabiola, Sandro e Paolo il mio è solo un invito alla prudenza affinché possiate liberare la zona della camorra senza tirare inconsapevolmente volate politiche. Servirebbe cautela anche nella selezione degli altri aderenti, in genere si aggregano narcisisti che tentano solo di leggere il loro nome sui blog locali. Per avere partecipazione popolare occorrono presenze credibili ed associazioni, ugualmente affidabili, che non siano autoreferenziali, ma abbiano un entourage reale. Perdonatemi ancora, ma io credo nella verità e questa volta il mio silenzio sarebbe reticenza. Con l’augurio che il Comitato possa rendere fatti le troppe parole affidate al vento in questi ultimi mesi e anni, michi
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Oscar Luigi Scalfaro | posted: 9/9/2021 at 19:29:15 |
il 9 settembre 2021 compirebbe 103 anni. Le giornate in Calabria emanano tepore anche d’inverno, soprattutto quando le nubi marinano i suoi lidi e il vento le corteggia al seguito. La sala della prefettura, avvolta da un pomposo arredamento, antico e pesante, era gremita da una platea quasi esclusivamente maschile addobbata in tono con il palcoscenico. Il presidente della Repubblica avanzava fra gli applausi mentre i corazzieri sembravano droni in perlustrazione. La cerimonia si dipanò secondo il canovaccio, fra simulazioni e dissimulazioni, sorrisi d’intesa, ghigni di dissenso o di biasimo. Seguì un convivio protocollare ove il peperoncino interpretò il ruolo del prezzemolo in vivande prelibate legate al territorio, arso e acquerellato. Il capo dello Stato fu impeccabile ed attese con clemenza la discesa del sipario per poi congedarsi per un breve riposo prima della manifestazione pomeridiana. La “nobiltà” indugiò nell’intervallo, ignara del tradimento del “sovrano”. Re Oscar infatti, smessi gli abiti di scena, si dileguò grazie a complici fidati e si intrufolò in un’automobile minima, in cui trovò suor Rosaria al volante, con due parimenti giovanissime consorelle. “Buongiorno, signor presidente!”. “Il presidente è rimasto lì dentro! Il tu lo hai dimenticato? - salutò Scalfaro -. Dove mi portate, belle fanciulle?”. “Ti portiamo in un prato con un bellissimo panorama!” disse Rosaria. “Ma come guidi? Sei più sbandata tu della macchina! È tutta scassata!” si lamentò Scalfaro, che invece, pochi minuti dopo, esultò dinanzi al verde che si tuffava in cielo. “Stai bene vestito così! Sembri più giovane!” gli sorrisero tutte e tre. “Io sono, giovane! In vostra compagnia gli anni volano! Non dico che giacca e cravatta mi danno fastidio, sono la mia seconda pelle, ma preferisco il maglione. La formalità troppo spesso nasconde la verità, mentre la schiettezza la svela. Anzi, se la spontaneità è recitata, anche abilmente, è smascherata facilmente”. “Per questo non ti va Berlusconi? Per la falsità?” chiede Rosaria. “Non è che non mi va… il mio compito è di impedire che venga violata la Costituzione… cerco solo di fare il mio mestiere… Non puoi giurare sulla Costituzione e poi ti giri dall’altra parte, anche se la ragion di Stato lo consiglierebbe… Però sono rammaricato, no, sono proprio arrabbiato… ha tirato in mezzo mia figlia sui suoi giornali!... Questo è grave! Non si può trascinare nella contesa politica una persona meravigliosa come lei…”. “Hai gli occhi lucidi!” sussurrò il coro. “Tutte la volte che Marianna soffre o gioisce mi commuovo… Ma poi penso al Vangelo e al fatto che sono di sana e robusta Costituzione”. “Riesci a trovare Vangelo e Costituzione dappertutto”. “A proposito, nei prossimi giorni mi viene a trovare un deputato… che è stato anche magistrato… Del Gaudio… Ha scritto un libro con un titolo accattivante: “Vi racconto la Costituzione”. Lo sto leggendo assieme al mio consigliere Vittorio Iannelli… trasmette i valori costituzionali a ragazze e ragazzi attraverso le canzoni che amano… Viene con un grande giudice, Caponnetto, lo stimo tantissimo… vorrei nominarlo senatore a vita… Sono come padre e figlio…”. “Tu sei un buon padre?” domandano le consorelline. “Spero di sì. Dovreste chiederlo a Marianna. Certo avrei dovuto dedicarle più tempo, anche perché non aveva la mamma, ma penso che complessivamente non abbia risentito dei miei impegni pubblici. Comunque è un dono inimmaginabile… essere spensierato perché lei è spensierata, raggiante perché lei è raggiante… è una sensazione ben più intensa della gratificazione diretta… vederla saltellare per casa e sentirsi in paradiso solo per quello... e poi ammirarla adolescente, e poi donna… È un percorso sufficiente a dare un senso alla propria vita!”. “È ora di andare. Il presidente ti aspetta!” le suorine si sentivano quasi sue figliolette… ed anche Oscar era felice. michele del gaudio
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Antonino Caponnetto | posted: 5/9/2021 at 18:04:21 |
oggi compirebbe 101 anni. Ci bastò quell’abbraccio fresco, intenso, prolungato sul lago di Como per renderci inseparabili. Caro Nino, mi hai insegnato che fare il proprio dovere, avere sentimenti e ideali sono indispensabili per rendere migliore il mondo. Ma hai aggiunto che l’effettivo cambiamento avviene quando sentimenti e ideali vengono praticati. È utile credere nella giustizia, ma, se non la riempiamo di contenuti nel nostro quotidiano, se non ci impegniamo per renderla reale, anche quando la legge la nega, anche quando sono palesi le ingiustizie sociali, allora possiamo ritenerci perbene solo in apparenza, non nella sostanza. Ovviamente non dobbiamo violare le regole, ma eliminare quelle ingiuste attraverso il metodo democratico, incriminare e condannare non solo gli emarginati, ma anche i potenti. Il nostro amore, la nostra amicizia devono essere fondati sulla verità e dobbiamo credere disinteressatamente nei valori costituzionali, altrimenti nel nostro cuore s’insinua la notte dell’esteriorità, della vanità, dell’ipocrisia. Ecco, Nino, hai dimostrato che non ci sono cose realmente possibili che non si possono attuare, hai smentito chi ne ostenta impossibilità solo come alibi per la sua ignavia, viltà o disonestà. Le tue idee, comuni a Giovanni e Paolo, continuano a camminare sulle mie gambe e su quelle delle ragazze e dei ragazzi. Grazie, michi
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